mercoledì 25 marzo 2015

Pirelli ai cinesi: una nemesi, e i precedenti storici di mercantilismo e nazionalismo

Sull'entrata di capitali cinesi nella catena di comando di Pirelli si stanno dicendo molte cose, alcune hanno senso e altre - come spesso accade in Italia - sono prive di ogni razionalità e ragionevolezza. Ho notato su Internet due commentatori (Guido Bocchetta e Francesco Felis) che hanno espresso il loro punto di vista: decisamente interessante e polemico, anche se non del tutto condivisibile da parte mia... riporto a voi sperando che questo possa aiutare i miei cari lettori a chiarire alcuni punti oscuri di questa complicata vicenda, che affonda le sue radici nel passato, presente e futuro del mondo sempre più globalizzato dove il trading sui mercati finanziari la fa da vero padrone.


- Guido: negli anni ’70, le sfilate del 1° Maggio a Torino vedevano gli studenti universitari marciare sventolando il libretto rosso di Mao, allora diffuso capillarmente dal governo della Repubblica Cinese. Uno degli slogan urlati per accompagnare la marcia era “Agnelli, Pirelli, fascisti gemelli”. Accomunati dalla assonanza dei cognomi, Agnelli e Pirelli, rappresentavano il capitalismo italiano, che doveva morire per manifesto sfruttamento dei lavoratori. Ora la società Pirelli, passata dalle mani borghesi del povero gentiluomo milanese a quelle più spicce del genero Tronchetti Provera, viene venduta in toto ad una azienda chimica cinese che effettuerà l’OPA totalitaria sulle residue azioni, togliendo il titolo dal mercato. Questo l’aspetto finanziario dell’operazione. In pratica, nel giro di pochi anni, gli stabilimenti italiani verranno chiusi, e tutta la produzione trasferita in Cina. Buon affare per il furbissimo Tronchetti, che intasca valanghe di miliardi, pessimo per l’Italia, che perderà molte migliaia di posti di lavoro e l’ennesimo presidio industriale. Merito certo di Renzi e del suo Jobs Act che liberalizza il mercato del lavoro e i trasferimenti all’estero delle aziende. Tra pochi anni, l’Italia sarà deindustrializzata, visto che lo stesso Renzi soffia sul fuoco per vendere ancora quote di ENI ed ENEL, vendite anticamera di future OPA. Come nelle migliori nemesi, la caduta del capitalismo italiano non è avvenuta per le ragioni del libretto di Mao, anzi. Quel libretto rosso ha ribaltato gli obiettivi del comunismo cinese. Ha capito che anziché distruggere il capitalismo occidentale, è meglio impossessarsi di esso sfruttando duramente i suoi lavoratori. Peggio per noi, che abbiamo acceso la miccia. Giustamente, due secoli fa, Napoleone diceva della Cina: lasciatela dormire.

- Francesco: a proposito di Cina, della questione Pirelli, mi viene in mente l’osservazione di qualche anno fa quando un illustre commentatore disse «vi fareste giudicare da un tribunale cinese?». Le forme sbrigative giuridiche cinesi si sommano ad altri fenomeni economici. Per la Cina si può parlare semplicemente non di liberalismo/liberismo, ma di una forma aggiornata di mercantilismo. Nel corso della storia molti, quasi tutti i Paesi ci sono passati. Anche gli Usa. L’Inghilterra, per la quale nel ’700 si parlò di nazionalismo economico e imperialismo per la legislazione fatta dal Parlamento: fece persino guerre contro l’Olanda, nel 600, e contro la Francia (guerra dei Sette Anni, 1756/1762, e non solo), che assicurarono agli inglesi il dominio dei mari e ampi mercati. Non parliamo delle politiche commerciali e protezioniste statunitensi e tedesche ottocentesche, con la loro forte presenza statale. La Cina non fa in gran parte lo stesso? Tiene la bilancia commerciale in attivo con rigidi controlli per le importazioni e aperture verso l’estero, e regolamentazioni varie che permettono che produttori occidentali installino imprese lì con la presenza, però, solo di imprenditori locali. Favorisce le proprie esportazioni e ostacola le importazioni. Dal punto di vista politico è più vicina a Colbert e Luigi XIV: per la libertà di pensiero e le repressioni del fenomeno religioso, un tempo ugonotti, adesso cattolici eccetera, per l’organizzazione amministrativa basata una volta sugli intendenti francesi ora su una nuova forma di mandarinato del 2000. Cosa c’è di liberale? Fa con qualche secolo di ritardo quello che altri hanno fatto nel ’600 e ’700, e gli Usa nell”800. Tronchetti Provera parla di inutile nazionalismo italiano, ma la sua dirigenza ha portato l’azienda a dover utilizzare i cinesi, che sono i più nazionalisti e mercantilisti del mondo. O no?